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Sala 1 Cappella del Rosario
L'itinerario espositivo nella prima sala, antica sede della Cappella del Rosario, si sviluppa secondo un criterio cronologico con opere d’arte pittorica dal Quattrocento al Seicento.
L’insieme dei dipinti è assai significativo con capolavori come il "Il Volto Santo di Lucca e il miracolo del giullare" e la quasi coeva "Madonna col puer dolorosus". Storicamente importanti sono l’articolata composizione dell’Adorazione dei pastori, datata 1581, le tele del pittore ortonese del Seicento Tommaso Alessandrino e quelle già attribuite a Giovan Battista Spinelli, nato a Chieti da padre bergamasco agli inizi del XVIII secolo.
1.1 Ignoto abruzzese sec. XV, Madonna col Puer Dolorosus, 1440 circa, tempera su tavola. Proveniente dalla Cappella del Salvatore della Cattedrale.
L’opera, dall’iconografia alquanto inconsueta, col bambino in grembo alla Vergine che mostra i segni della passione, è tra le poche antecedenti, per esecuzione, al sacco della città operato dai Turchi guidati da Piyale Pasha nel 1566.
Il dipinto, probabilmente parte di un polittico ed in origine di dimensioni maggiori, mostra numerose similitudini con la tavola della Madonna del Latte nella chiesa di Santa Maria in platea di Campli, sia per quanto riguarda il tappeto fiorito sul quale è collocato il trono della Madonna sia per il disegno degli occhi che per la rappresentazione del disegno del tessuto e delle pieghe delle vesti, disposte sul ventre in ondulazioni plissettate.
Già attribuita a Giacomo da Campli gli studi più recenti lo riferiscono alla cerchia di Francesco d'Antonio Zacchi da Viterbo detto Il Balletta, pittore documentato tra il 1407 e il 1476.
1.2 Ignoto, Il Volto Santo di Lucca e il miracolo del giullare, XV sec., tempera su tavola. Proveniente dalla Cappella del Salvatore della Cattedrale.
Il grande dipinto su tavola nel quale è raffigurato il Volto Santo di Lucca, ancora inserito nel mirabile dossale d’altare in legno dorato databile alla seconda metà del XVI secolo, era originariamente collocato nella Cappella del Salvatore in Cattedrale, già cappella gentilizia della famiglia Riccardi passata poi ai canonici.
I Riccardi, filo angioini, vissero in Ortona tra la fine del XIV ed i primi decenni del XVI secolo, e furono molto influenti nel Regno di Napoli durante il XV secolo, specialmente con Francesco I, Ciambellano, Siniscalco, Castellano a Napoli, Ambasciatore a Costanza per l'elezione a Pontefice di Martino V, Vicerè e Governatore di Perugia dal 1408 al 1414, morto nel 1424. Tennero molti feudi, abruzzesi e non, e trassero parentele cospicue e nobili.
Il Volto Santo di Lucca, oggetto fin dal Medioevo di una diffusa venerazione in tutta Europa, è un crocifisso ligneo conservato nella navata sinistra della cattedrale di San Martino in Lucca, in un tempietto a pianta centrale costruito da Matteo Civitali nel 1484. Secondo l'antica leggenda riportata dal diacono Leobino, il Volto Santo è stato scolpito da Nicodemo, dopo la resurrezione e l’ascensione del Cristo, meno il volto che si sarebbe modellato senza l’intervento umano e quindi sarebbe il “vero volto” del Cristo. Il dipinto raffigura uno dei più noti miracoli del “Volto Santo” che avrebbe lasciato scivolare, in segno di gradimento, una delle sue pianelle d’oro tra le mani di un giullare che in segno di devozione volle dargli un saggio della sua arte.
La devozione per il Santo Volto può essere messa in relazione sia con la presunta origine lucchese dei Riccardi, sia sulla capacità riconosciuta al simulacro di tenere lontani invasori e pirati.
1.3 Ignoto, Adorazione dei pastori, 1581, olio su tela. Proveniente dalla Congregazione degli Agostiniani.
Il dipinto, impostato secondo una prospettiva spaziale dall’accentuato verticalismo nella quale intorno alla scena principale si affollano personaggi diversi mentre nel paesaggio di sfondo, dettagliatamente rappresentato, vediamo snodarsi un lungo corteo, appare eseguito, nella grande ricchezza e complessità della composizione, dalla stessa mano cui si deve l'Annunciazione, datata al 1583, collocata nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli ma probabilmente proveniente dalla chiesa dell’Annunziata presso porta Caldari che ospitò i Celestiniani dopo l’incursione piratesca del 1566.
L’autore, in passato, era identificato col pittore veneto Giovan Battista Rusconi, attribuzione oggi superata senza che sia stato possibile assegnare le due opere al catalogo di altro artista che sembra rivelare, però, ascendenze marchigiane vicine a Lorenzo Lotto, mentre il tono narrativo e figurativo lo avvicinerebbero a Simone De Magistris e Bartolomeo Morgante.
1.5 Ignoto, Deposizione dalla Croce, 1590 circa, olio su tela.
Il dipinto mostra, evidenti, i segni delle vicissitudini nelle quali deve essere rimasto coinvolto, in particolare le ampie cadute di colore in corrispondenza di vecchie piegature della tela che era stata privata del telaio. Benché in parte compromessa dalle suddette e piuttosto vaste lacune la lettura dell’opera rivela, a detta degli esperti, la personalità di un artista formatosi nell’area tosco-romana ma influenzato da artisti marchigiani.
Il soggetto si colloca perfettamente, con la sua intensa espressività e il senso di pietà che da esso emana, nell'ambito della pittura della controriforma e ricalca modelli piuttosto diffusi e in particolare l'opera ortonese sembrerebbe derivare dalla “Deposizione” di Daniele da Volterra.
Degna di nota, ai piedi della croce, la presenza di San Francesco, il che porterebbe ad individuare la committenza dell’opera nell’ambiente minorita.
1.6 Tommaso Alessandrino, Pietà di Chioggia o Apparizione della Madonna della Navicella, 1629, olio su tela. Proveniente dalla Chiesa della Santissima Trinità di Ortona.
L’opera, commissionata da Cesare Gervasone, membro di una ricca famiglia di originaria di Bergamo stabilitasi in Ortona, raffigurato in preghiera in basso, ed identificato dal medesimo stemma che compare sull’opera successiva, è molto interessante dal punto di vista iconografico. Il soggetto è l’Apparizione della Madonna della Navicella così chiamata perché il 25 giugno 1508 l’Addolorata apparve all’ortolano Baldassarre Zalon (DA BALDESARSE VISTO IL GRAN MERTO DI CRISTO), nei pressi della spiaggia di Sottomarina di Chioggia (ECCOVI CHIOZA A PIENO DELLA PIETADE IL SENO), con il Cristo in grembo piagato dai peccati dei chioggiotti per scomparire poi su una navicella senza conducente.
In alto, riconoscibilissima, Venezia con piazza San Marco, con l’isola di San Giorgio e, in una eccezionale raffigurazione, il Bucitoro.
L’esecuzione del dipinto, firmato e datato, THOMAS ALESSANDRINUS ORTONIENSIS IN PINGEBAT A. D. MDCXXVIIII, è di pochi decenni posteriore al completamento del santuario avvenuto nel 1585 e divenuto punto di riferimento della comunità Cappuccina.
1.7 Tommaso Alessandrino, I tre regni dell’oltretomba o Giudizio Universale, 1631, olio su tela. Proveniente dalla Chiesa della Santissima Trinità di Ortona.
Sull’asse verticale si trovano raffigurati in sequenza, dal basso verso l’alto, Satana, l’Arcangelo Michele, San Francesco che abbraccia la Croce, centro ideale della composizione, Cristo tra la Madonna e San Giovanni, la Colomba dello Spirito Santo e Dio Padre tra le sfere celesti e i cori degli angeli, sotto i quali stanno coloro che sono morti prima della venuta del Redentore e gli Apostoli. Ad un piano inferiore i Santi e più in basso, ai lati della Croce, gli angeli coi simboli della passione.
Tutta la metà inferiore è invece dedicata alla dimensione terrena, affollata di altrettante numerose figure e animata dal movimento dei corpi, attirati verso l’alto o precipitati verso il baratro della dannazione eterna.
1.8 Tommaso Alessandrino, Assunzione di Maria, 1627, olio su tela. Proveniente dalla Chiesa della Santissima Trinità di Ortona.
Il dipinto rappresenta, oltre che chiaramente un tributo alla Vergine che, terminato il corso della vita terrena, fu trasferita in Paradiso sia con l'anima che con il corpo, anche un riferimento ad un episodio che la tradizione riferisce all’Apostolo Tommaso il quale sarebbe stato dubbioso, anche in questo caso, dell’effettiva ascesa della Madonna in cielo e per questa ragione Ella gli avrebbe fatto cadere dall’alto la sua cintura, cintura che divenne uno degli attributi iconografici col quale Tommaso sarà successivamente identificato insieme alla squadra.
L’autore, Tommaso Alessandrino, nacque ad Ortona intorno al 1570 e svolse la sua attività artistica principalmente nella sua città d'origine benché siano riportate notizie di suoi interventi a Caldari, Crecchio e Lanciano dove eseguì una Pietà per il convento cappuccino di San Bartolomeo, oggi presso i depositi del Museo Diocesano e un’Ultima Cena, già nella Cattedrale dell’Annunziata e ora sull’altare del Santissimo Sacramento nella Basilica della Madonna del Ponte. L’Alessandrino si spense il 22 giugno del 1640.
1.9 Tommaso Alessandrino, San Bernardo di Chiaravalle e il Miracolo del Latte, 1632, olio su tela. Proveniente dalla Chiesa della Santissima Trinità di Ortona.
L’autore riprende un modello iconografico piuttosto diffuso che si riferisce ad un episodio della vita del Santo fondatore della celebre abbazia di Clairvaux vissuto tra il 1090 e il 1153.
Si narra che mentre Bernardo era intento alla stesura del Commentario al Cantico dei Cantici, in lode alla Vergine Maria, Ella gli apparve e il latte sgorgato dal suo petto andò a bagnare le labbra del Santo che da quel momento ebbe il dono di prodigiosa eloquenza.
San Bernardo, figura centrale della devozione mariana, sviluppò tre temi centrali della mariologia, che furono ripresi da Papa Pio XII nella venticinquesima enciclica scritta nel 1953, in occasione dell'VIII centenario della morte del Santo, nella quale il Santo Padre riprese i concetti esposti dal Santo circa la verginità di Maria, "Stella del Mare", su come pregare e come confidare in Maria come mediatrice.
Anche su questo dipinto compare, seppure non perfettamente leggibile, lo stemma del donatore.
1.10 Giovan Battista Spinellli, San Luigi, San Cristoforo e San Pietro, secondo quarto del XVII secolo, olio su tela. Proveniente dalla Chiesa del Carmine.
Giovanni Battista Spinelli nacque a Chieti nel 1613 da Sante Spinelli, agiato mercante di origine bergamasca. Si trasferì a Napoli intorno al 1630 avendo modo di entrare in contatto con l’ambiente artistico della capitale e in particolare con Massimo Stanzione, con il quale dipinse la tela “Gesù fra i dottori” per la chiesa napoletana dell’Annunziata.
Una sua sorella, Caterina, sposò il barone Ludovico de Pizzis di Ortona.
Morì in Ortona il 20 novembre 1647 anche se recenti studi lo vorrebbero ancora in vita nel 1658.
Le sue opere, presenti in molti centri abruzzesi, in Campania e in Calabria, in chiese e collezioni private, sono caratterizzate da schemi compositivi singolari, da una personale sensibilità cromatica e dal movimento nervoso dei gesti e delle forme delle figure. La sua statura d’artista è stata rivalutata e studiata solo in anni relativamente recenti e questo ha contribuito al suo inserimento a pieno titolo tra i maestri della pittura napoletana del XVII secolo.
1.11 Ambito abruzzese, Incoronazione di Maria Vergine tra S. Francesco e S. Antonio di Padova, secondo quarto del XVII secolo, olio su tela. Proveniente dalla Chiesa della Santissima Trinità di Ortona.
L'opera, parte centrale del trittico con San Simone Zelota e San Bartolomeo, era collocata sull’altare ligneo della chiesa cappuccina della Santissima Trinità sormontata dal riquadro raffigurante Dio Padre, dalla quale è stata rimossa solo in anni recenti per essere restaurata.
La costruzione del Convento dei Frati Cappuccini iniziò nel 1626, come testimoniata dai documenti e dall’iscrizione posta sul portale della chiesa, e la sua consacrazione avvenne nel 1645 ad opera del Vescovo Alessandro Crescenzi. Secondo quanto tramandato dallo storico Filippo da Tussio l'altare maggiore con l’elaborato tabernacolo ligneo, opera degli abilissimi ebanisti cappuccini, venne realizzato nel 1745 all’epoca del padre guardiano Giuseppe d'Ascoli e segue modelli assai diffusi nei conventi abruzzesi del medesimo ordine. Soppresso il convento in epoca Napoleonica l’area fu successivamente designata ad ospitare il camposanto e la chiesa fu adibita a cappella cimiteriale.
La pala d’altare, coi dipinti che le fanno contorno, era già riferita all'ambito di produzione di Giovan Battista Spinelli ma recenti studi ne hanno messo in dubbio la paternità pur considerandole opere di un maestro coevo.
1.12 Ambito abruzzese, Lapide commemorativa, 1127, pietra incisa. Proveniente dalla Cattedrale.
La lapide è un importante documento la cui iscrizione testimonia la ricostruzione e riconsacrazione alla Divina Maria, il 10 novembre 1127, della chiesa madre di Ortona, dopo la distruzione, all’epoca dell’invasione Normanna, del precedente luogo di culto.
Oltre cento anni dopo, con l’arrivo ad Ortona delle spoglie di San Tommaso, la chiesa subirà ulteriori trasformazioni divenendo, col tempo, il magnifico luogo di venerazione dell’Apostolo ma mantenendo nei secoli la doppia intitolazione.