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Sala 2 Cappella del Battistero
La seconda sala del museo è separata in due distinte sezioni, nella prima continua il percorso cronologico nell’arte figurativa ortonese che riprende dalle tele settecentesche di Giambattista Gamba dedicate alla vita di Santa Caterina d’Alessandria, per arrivare alle due opere raffiguranti Sant'Agostino e San Girolamo realizzate nel 1865 da Ferdinando Palmerio, nato a Guardiagrele nel 1834 e morto nel 1916, passando dal dipinto L’incredulità di San Tommaso di Giuseppe Lamberti del 1731.
L’opera del Lamberti rappresenta il punto di contatto con la seconda sezione, ospitata sotto l’ampio vano voltato risalente al 1330, dove invece sono collocate quelle opere che meglio rappresentano la storia della Diocesi ortonese e quegli oggetti legati alle funzioni liturgiche nella Cattedrale e alla venerazione per l’Apostolo Tommaso a cominciare dal fonte battesimale in pietra, perfettamente conservato, fatto realizzare da Monsignor Giandomenico Rebiba, primo Vescovo di Ortona dal 1570 al 1596. All’epoca del suo successore Alessandro Boccabarili, di nobile famiglia piacentina già Cappellano di Margarita d'Austria, Vescovo di Ortona dal 1596 al 1623, risalgono invece numerosi pezzi che rendono importante il settore degli argenti con un prezioso calice del 1608, un raffinato turibolo e un grande catino con le sue insegne che, cosa rara in ambito diocesano, reca i bolli di un argentiere veneziano. Al secolo seguente, scampati alle requisizioni di fine settecento e agli orrori della guerra risalgono invece numerosi altri oggetti di grande valore tra i quali spicca certamente la croce d'altare realizzata dall'argentiere napoletano Filippo del Giudice nel 1756.
2.1 Giambattista Gamba, Matrimonio mistico di Santa Caterina, XVIII sec., olio su tela. Proveniente dalla chiesa di Santa Caterina.
Alla mano del pittore Gianbattista Gamba, il quale dalla prima metà del Settecento è impegnato nella decorazione di diverse chiese abruzzesi come Santa Caterina d'Alessandria e l’Annunziata di Sulmona dove nel 1728 firma i dipinti murali, Santa Maria del Colle di Pescocostanzo, e la Santissima Trinità di Popoli, sono riferite le quattro tele che illustrano quattro episodi della vita di Santa Caterina.
La scena raffigurata nel dipinto, in realtà, si riferisce, con una evidente sovrapposizione, ad un episodio della vita di Santa Caterina da Siena vissuta nel XIV secolo, alla quale nella notte di carnevale del 1367 apparve Cristo Bambino accompagnato dalla Vergine e da una folla di santi, che le donò un anello simbolo del mistico sposalizio.
2.2 Giambattista Gamba, Disputa di Santa Caterina, XVIII sec., olio su tela. Proveniente dalla chiesa di Santa Caterina.
Tra gli episodi, alquanto fantasiosi, della vita di Santa Caterina d’Alessandria, che sarebbe vissuta nel quarto secolo, ve n’è uno centrale che risale al 305 d. C. In occasione della nomina di Massimino Daia a governatore di Egitto e Siria si celebrano grandi feste grandiose che comprendevano anche il sacrificio di animali alle divinità pagane da parte di tutti i sudditi. Caterina, cristiana, rifiutandosi di sacrificare ai falsi dei si presentò a Massimino, invitandolo a riconoscere Gesù Cristo. Massimino allora convocò un gruppo di sapienti alessandrini affinché convincessero la Santa a venerare le divinità olimpiche ma alla fine del confronto furono i dotti ad essere convertiti alla nuova Fede.
2.3 Giambattista Gamba, I sapienti condotti al martirio, XVIII sec., olio su tela. Proveniente dalla chiesa di Santa Caterina.
Indispettito dalla conversione dei Sapienti, Massimino ordinò che essi venissero uccisi, come si vede appunto nella scena raffigurata nel dipinto. Successivamente egli avrebbe proposto a Caterina di unirsi in matrimonio con lui ma al diniego della Santa la condannò ad un’orribile morte, mediante una ruota dentata che le avrebbe straziato le carni.
La ruota, miracolosamente, andò in pezzi e la giovane Caterina subì il martirio per decapitazione. Gli angeli avrebbero poi trasportato il suo corpo da Alessandria fino al Sinai, dove ancora oggi l’altura vicina a Gebel Musa, la Montagna di Mosè, si chiama Gebel Katherin in suo ricordo.
2.4 Giambattista Gamba, Incoronazione di Santa Caterina, XVIII sec., olio su tela. Proveniente dalla chiesa di Santa Caterina.
Di quanto tramandatoci dalla tradizione sulla vita di Santa Caterina d’Alessandria è difficile distinguere la realtà storica dalle leggende popolari tanto che la stessa Chiesa Cattolica ha espresso molti dubbi a riguardo, culminati nell'esclusione dal martirologio tra il 1962 e il 2002, nonostante il permesso del Vaticano di festeggiarla ugualmente.
La scena del dipinto sembra svolgersi in una tetra prigione dove, secondo una leggenda, la Santa venne rinchiusa prima del martirio e tenuta per lungo tempo senza mangiare e senza bere mentre una colomba bianca le recava in volo ciò di cui aveva bisogno, tanto che liberata non mostrò alcun segno di patimento, anche se qui è raffigurata nell’atto di ricevere una corona dalle mani di un angelo.
2.5 Giuseppe Lamberti, Incredulità di San Tommaso, 1731, olio su tela. Proveniente dalla Cattedrale.
L’opera, venne commissionata al pittore Giuseppe Lamberti, nato a Ferrara intorno al 1700 e morto nel 1763, dalla Città di Ortona come ex voto per la scampata pestilenza, nel 1731.
Poche sono le opere attribuite a questo pittore, operante in Abruzzo e del quale sono note alcuni dipinti collocati in chiese di Guardiagrele, Penne e Lanciano dove nella chiesa del Suffragio è conservata, proveniente dalla Cattedrale, una tela raffigurante l’Incoronazione della Vergine.
La scena rappresenta il momento in cui il dito dell’Apostolo Tommaso sfiora la piaga sul costato di Cristo Risorto. Una tradizione abruzzese, riferita da Gennaro Finamore, vuole che l'Apostolo fosse cieco e per questa ragione ebbe necessità di toccare il corpo del Redentore per poterlo riconoscere.
2.6 Bottega dei Lombardo, Sbarco delle reliquie di san Tommaso ad Ortona, XVI sec., pietra scolpita. Proveniente dalla cattedrale.
L’opera, genericamente attribuita alla bottega veneziana dei Lombardo, famiglia di illustri scultori, raffigura l’arrivo delle reliquie di San Tommaso dall’Isola di Scio, dove furono prelevate dal navarca Leone (successivamente detto Acciaiuoli), insieme alla lastra tombale che testimoniava la loro autenticità, e portate ad Ortona, sua città natale nel 1258. Essa era parte dell’arca che custodì le reliquie di San Tommaso dopo la profanazione della chiesa avvenuta ad opera dei Turchi nel 1566, quando, ci riferiscono le cronache dell’epoca, la sacra custodia venne devastata senza che, miracolosamente, quanto in essa custodito subisse alcun danno.
2.7 Ambito abruzzese, Busto di San Tommaso, 1799, legno intagliato e dipinto.
Il busto ligneo del Santo Patrono è tra gli oggetti che meglio testimoniano la devozione di cui ha goduto nel corso dei secoli. Esso venne intagliato nel 1799 dopo l’invasione dei Francesi, e servì da modello, per la fusione, l’anno successivo, ad opera di un argentiere napoletano, del magnifico busto d’argento reliquiario realizzato in sostituzione di quello precedente, risalente al XVIII secolo trafugato e fatto fondere dagli occupanti insieme alla gran croce di smeraldi che ne ornava il petto.